Pietro Mazzucchelli: Siamo su una buona strada – Wir sind auf einem guten Weg
Mit dem neuen Studienjahr ist die Ausbildungsgemeinschaft unseres Hauses noch internationaler geworden. Derzeit leben bei uns Seminaristen aus Österreich, Italien, der Schweiz und Südkorea. Beiträge unserer Seminaristen, die in deren Muttersprache entstanden sind, drucken wir daher auch zweisprachig ab: Zuerst in der Originalsprache, dann in der deutschen Übersetzung.
Den Anfang dieser kleinen Serie macht Pietro Mazzucchelli, der ursprünglich aus Turin stammt und nach einem Masterstudium in Elektrotechnik in München nun seinen Weg bei uns begonnen hat.
Il cammino di Santiago è una delle vie di pellegrinaggio più battute di tutte i tempi. Si calcola che ad oggi giungano da tutte le vie che conducono al santuario galiziano circa un milione di persone all’anno. Santiago di Compostela deve la sua importanza alle spoglie mortali dell’apostolo Giacomo, fratello dei S. Giovanni evangelista, conservate fin dal primo medioevo nel duomo della città. La popolarità del “Camino” ebbe un’ esponenziale impennata dopo il 1989, anno in cui il papa S. Giovanni Paolo II decise di tenere la quarta giornata mondiale della gioventù (GMG) proprio a Santiago.
Ci sono persone che coltivano per anni o addirittura decadi il desiderio di mettersi in cammino sulle orme dei leggendari pellegrini medievali. E quando finalmente l’occasione propizia si presenta, pianificano nel dettaglio ogni singola tappa, contando i chilometri e prenotano in anticipo l’ostello per ogni notte. Lungo la strada ne ho conosciute molte di persone felici e serene del loro cammino programmato, ma questa non è la mia storia, non è come io sono arrivato dopo 270 chilometri a piedi di fronte alla maestà, quasi come una visione celeste, del santuario giacobeo.
In verità fino ad un mese prima di partire non avevo programmato un bel niente, tanto meno pensavo di intraprendere un pellegrinaggio. A metà luglio dopo aver concluso la laurea in ingegneria al politecnico di Monaco di Baviera avevo per la testa solo i due mesi di vacanze che mi attendevano. Eppure, appena tornato a casa, un mio amico mi raccontò della sua improvvisa e fulminante decisione di recarsi in Spagna e percorrere 200 chilometri a piedi sulla via francese, uno dei più antichi cammini per Santiago tra i tanti che sono praticati in Spagna e Portogallo. La sua testimonianza mi affascinò molto per la semplicità e la naturalezza con cui chiunque possa intraprendere una tale avventura. Almeno questo era ciò che avevo evinto dalle sue parole. Fatto sta che il giorno dopo i biglietti per i voli di andata e ritorno erano prenotati. I biglietti aerei furono l’unica parte programmata del mio cammino.
In verità devo ammettere di essere un po’ caotico però un caotico ben organizzato. Così mettendo da parte la mia mania di avere tutto sotto controllo, o credere di averlo, feci un patto con me stesso. Decisi che il mio “Camino” sarebbe stato un mettersi nelle mani di Dio, fidarmi di Lui, confidando che con Lui al mio fianco, nonostante le numerose difficoltà, sarei arrivato alla meta. E così fu. Tante paure e timori si vaporizzarono passo dopo passo, chilometro dopo chilometro. Findal primo giorno fu un continuo susseguirsi di incontri con tante persone con cui condividevo lo stesso cammino. L’augurio che ci facevamo a vicenda era sempre lo stesso: “buen Camino!”. Con alcuni di loro parlai ore, con altri fu solo un fugace scambio di battute, eppure tanti di loro misono rimasti impressi nel cuore e negli occhi. Una signora coreana di una certa età, per esempio, avvicinandosi mi disse a bassa voce: “da come cammina lei mi sembra un prete” ed io un po’ imbarazzato ma anche lieto per questa illuminazione, le confessai che sulla strada per diventarlo. Il cammino rivela con la sua pragmaticità chi noi veramente siamo, sia i lati positivi ma anche le ombre.
Quattro degli otto giorni di cammino soffrii di un acuto dolore alla gamba destra. Esso non mi impedì di camminare, ma ad ogni passo dovevo trovare un modo per distrarmi dalla grande sofferenza che mi causava. Per esempio pregando oppureconcentrandomi su ciò che mi stava raccontandola persona accanto a me. Purtroppo, gli ultimi due giorni andavo così lento che ormai era diventato infattibile parlare con chiunque: tutti avevano un passo più spedito del mio, anche gli ultrasettantenni. Ma la solitudine è una parte fondamentale ed affascinante del cammino verso Santiago. Essa è necessaria per prendere coscienza del fatto che questo è prima di ogni cosa il tuo cammino. Nessuno può camminare al posto tuo. Sicuramente però, nei momenti più difficili l’altro può farsi carico del tuo zaino e spesso i nostri zaini sono molto più pesanti di quello che crediamo. Molte volte basta una parola, uno sguardo o un gesto per farti ritrovare le forze o per scoprirne di altre che nemmeno sapevi di avere.
Sul cammino può capitare che i passi diventino davvero pesanti, specialmente se il cartello di fronte a te mostra una distanza da Santiago in chilometri con 3 cifre. Ma sono proprio queste frequenti indicazioni a rincuorarti con la certezza che sei sulla strada giusta. E pian piano la meta si fa sempre più vicina attraversando campi, montagne, fiume e piccole città; a volte sotto i raggi cocenti del Sole, altre bagnati dalla pioggia che si frappone tra noi ed il Sole.
L’ultimo giorno sono partito alle sei del mattino, ancora immerso nell’oscurità della notte che mi ha regalato un limpidissimo cielo stellato, come solo in luogo chiamato appunto Compostela (campo di stelle) si può trovare. I 34 chilometri che mi separavano dalla mia meta li percorsi in 12 ore. Un cielo sereno senza una nuvola mi accolse a Santiago. Dalle prime costruzioni della città al duomo sono quasi tre ore di cammino. È impossibile immaginarsi cosa ci sia veramente ad attenderti là su quella enorme piazza dove tanti versano le loro lacrime per essere riusciti in una impresa che 700 chilometri fa sembrava impossibile ed infinita. Alla fine sei arrivato, ma trascorso un istante di vertiginosa meraviglia al cospetto dell’immenso duomo, sorge immediata la domanda: “ed ora quale è la prossima meta?”.
Il pellegrinaggio non è solo una pia pratica che noi uomini moderni scimmiottiamo dai nostri predecessori ma una potentissima esperienza di fede e di fiducia che ci (ri)mette in moto, ci mette in cammino verso le mete della nostra esistenza terrena e non. La strada c’è ed è una buona strada; spesso non è facile percorrerla, ma la direzione è ben segnata e non siamo soli. Non a caso noi seminaristi come primo gesto comunitario insieme al rettore, vicerettore e spirituale ci siamo recati in questi giorni in pellegrinaggi alla tomba del vescovo Corbiniano, vero iniziatore della nostra diocesi. Per concludere, oltre a consigliare a tutti di intraprendere un pellegrinaggio, ognuno per come può e desidera, auguro a ciascuno di voi di tutto cuore un “buencamino”!
Deutsche Übersetzung:
Der Jakobsweg ist eine der meistbegangenen Pilgerrouten aller Zeiten. Man schätzt, dass jährlich etwa eine Million Menschen aus allen Richtungen zu dem galicischen Wallfahrtsort kommen. Santiago de Compostela verdankt seine Bedeutung den sterblichen Überresten des Apostels Jakobus, Bruder des Evangelisten Johannes, die seit dem frühen Mittelalter in der Kathedrale der Stadt aufbewahrt werden. Die Popularität des Jakobswegs erfuhr einen exponentiellen Anstieg nach 1989, als Papst Johannes Paul II. beschloss, den vierten Weltjugendtag (WJT) in Santiago abzuhalten.
Es gibt Menschen, die jahre- oder gar jahrzehntelang den Wunsch hegen, sich auf den Spuren der legendären mittelalterlichen Pilger auf den Weg zu machen. Und wenn sich dann endlich die günstige Gelegenheit bietet, planen sie jede einzelne Etappe bis ins Detail, zählen die Kilometer und buchen die Herberge für jede Nacht im Voraus. Auf dem Weg dorthin habe ich viele glückliche und heitere Menschen auf ihrer geplanten Route getroffen, aber das ist nicht meine Geschichte, es ist nicht die, wie ich nach 270 Kilometern zu Fuß vor der majestätischen, fast himmlischen Vision des jakobinischen Heiligtums angekommen bin.
Tatsächlich hatte ich bis einen Monat vor meiner Abreise nichts geplant, umso weniger daran gedacht, eine Pilgerreise zu unternehmen. Mitte Juli, nach Abschluss meines Ingenieurstudiums an der Technischen Universität München, dachte ich nur an die zwei Monate Urlaub, die vor mir lagen. Doch kaum war ich wieder zu Hause, erzählte mir ein Freund von seinem plötzlichen und fulminanten Entschluss, nach Spanien zu reisen und 200 Kilometer auf dem Französischen Weg zu gehen, einem der ältesten Jakobswege unter den vielen in Spanien und Portugal. Sein Zeugnis faszinierte mich wegen der Einfachheit und Natürlichkeit, mit der sich jeder auf ein solches Abenteuer einlassen kann. Zumindest war es das, was ich aus seinen Worten herausgehört hatte. Tatsache ist, dass am nächsten Tag die Tickets für die Rückflüge gebucht wurden. Die Flugtickets waren der einzige geplante Teil meiner Reise.
Ehrlicherweise muss ich zugeben, dass ich ein wenig chaotisch bin, aber ein gut organisierter Chaot. Also legte ich meine Manie, alles unter Kontrolle zu haben, oder zu glauben, man muss alles unter Kontrolle haben, beiseite, und schloss einen Pakt mit mir selbst. Ich beschloss, dass ich mich auf meinem „Camino“ („Weg“ auf Spanisch) in Gottes Hände begeben und ihm vertrauen wollte, dass ich mit ihm an meiner Seite trotz der vielen Schwierigkeiten mein Ziel erreichen würde. Und so war es auch. So viele Ängste und Befürchtungen haben sich Schritt für Schritt, Kilometer für Kilometer in Luft aufgelöst. Vom ersten Tag an war es eine ununterbrochene Folge von Begegnungen mit so vielen Menschen, mit denen ich den gleichen Weg teilte. Der Wunsch, den wir uns gegenseitig gaben, war immer derselbe: „buencamino!“ (einen guten Weg!). Mit einigen von ihnen habe ich mich stundenlang unterhalten, mit anderen war es nur ein flüchtiger Austausch, doch so viele von ihnen sind in meinem Herzen und in meinen Augen eingeprägt geblieben. Eine koreanische Dame in einem gewissen Alter kam zum Beispiel auf mich zu und sagte mit leiser Stimme: „So wie Sie gehen, sehen Sie aus wie ein Priester“, und ich gestand ihr, ein wenig verlegen, aber auch erfreut über diese Erleuchtung, dass ich auf dem Weg sei, einer zu werden. Der Weg offenbart mit seinem Pragmatismus, wer wir wirklich sind, sowohl die positiven Seiten als auch die Schattenseiten.
An vier der acht Tage, die ich zu Fuß unterwegs war, litt ich unter akuten Schmerzen in meinem rechten Bein. Sie hinderten mich zwar nicht am Gehen, aber bei jedem Schritt musste ich einen Weg finden, um mich von dem großen Leid abzulenken, das sie mir bereiteten. Zum Beispiel, indem ich betete oder mich auf das konzentrierte, was die Person neben mir erzählte. Leider ging ich in den letzten beiden Tagen so langsam, dass es unmöglich wurde, mit jedem zu sprechen: Alle waren schneller als ich, sogar die über Siebzigjährigen. Aber die Einsamkeit ist ein wesentlicher und faszinierender Teil des Jakobsweges. Man muss sich bewusst machen, dass dieser Weg in erster Linie dein Weg ist. Niemand kann an Ihrer Stelle gehen. Aber in den schwierigsten Momenten kann ein anderer Ihren Rucksack übernehmen, und oft ist unser Rucksack viel schwerer, als wir denken. Oft genügt ein Wort, ein Blick oder eine Geste, um neue Kraft zu schöpfen oder andere zu entdecken, von denen man gar nicht wusste, dass man sie hat.
Auf dem Camino kann es passieren, dass die Schritte richtig schwer werden, vor allem, wenn vor Ihnen ein Schild die Entfernung nach Santiago in dreistelligen Ziffern anzeigt. Aber gerade diese häufigen Hinweise geben einem die Gewissheit, dass man auf dem richtigen Weg ist. Und langsam rückt das Ziel immer näher, während wir Felder, Berge, Flüsse und kleine Städte überqueren; manchmal unter den sengenden Strahlen der Sonne, manchmal nass vom Regen, der sich zwischen uns und die Sonne schiebt.
Am letzten Tag brach ich um sechs Uhr morgens auf, noch in der Dunkelheit der Nacht, die mir einen sehr klaren Sternenhimmel bescherte, wie man ihn nur an einem Ort namens Compostela (Sternenfeld) finden kann. Die 34 Kilometer, die mich von meinem Ziel trennten, legte ich in 12 Stunden zurück. Ein klarer Himmel ohne eine einzige Wolke empfing mich in Santiago. Von den ersten Gebäuden der Stadt bis zur Kathedrale dauert es fast drei Stunde zu Fuß. Es ist unmöglich, sich vorzustellen, was dort auf dem riesigen Platz erwartet, wo so viele Menschen ihre Tränen vergießen, weil sie etwas geschafft haben, das vor 700 Kilometern noch unmöglich und endlos schien. Endlich ist man angekommen, aber nach einem Moment des Staunens angesichts der riesigen Kathedrale stellt sich sofort die Frage: „Und was ist nun das nächste Ziel?“.
Pilgern ist nicht nur eine fromme Praxis, die wir modernen Menschen von unseren Vorfahren nachahmen, sondern eine sehr kraftvolle Erfahrung des Glaubens und des Vertrauens, die uns (wieder) in Bewegung bringt, uns auf den Weg zu den Zielen unserer irdischen und nicht irdischen Existenz bringt. Der Weg ist da und es ist ein guter Weg; oft ist es nicht leicht, ihn zu gehen, aber die Richtung ist gut markiert und wir sind nicht allein. Es ist kein Zufall, dass wir Seminaristen als erste gemeinschaftliche Geste zusammen mit dem Regens, dem Subregens und dem Spiritual eine Wallfahrt zum Grab von Bischof Korbinian, dem Begründer unserer Diözese, unternommen haben.
Abschließend möchte ich jedem empfehlen, eine Pilgerreise zu unternehmen, jeder nach seinen Möglichkeiten und Bereitschaft, und ich wünsche jedem von Ihnen von ganzem Herzen einen „buencamino“!